Gentilezza: una qualità da riscoprire per nutrire il tessuto delle nostre relazioni nel lavoro e nella vita

11/05/2022 • Articoli


Siamo nel bel mezzo di un meeting operativo e il team si appresta a riprendere il lavoro dopo una pausa: prima di tornare nel vivo del processo, si decide di investire un tempo per fare un check rispetto a come sia andata la prima parte del lavoro.

Un partecipante chiede il permesso di dare un feedback a un collega:

 

«Quando nel bel mezzo del confronto hai esordito dicendo che procedere nel modo che era stato proposto é da bambini non sei stato gentile.

Hai probabilmente sottovalutato che ognuno di noi ha competenze diverse; io e altri colleghi riconosciamo che, sul tema in questione, sei un passo avanti e per questo potrebbe essere utile un tuo maggiore supporto nell’accompagnarci a comprendere i passi da fare, così da poter raggiungere l’obiettivo tutti insieme e creare una buona occasione di apprendimento.»

(il testo è ripreso in forma fedele dal dialogo che ritengo importante rispettare, anche se il feedback è espresso in una forma perfettibile rispetto a come lo si conosce).

 

Dopo alcuni istanti di silenzio in cui è palpabile la delicatezza del momento, il manager che riceve il feedback chiede scusa per l’effetto generato dal suo messaggio e con ferma e gentile pacatezza spiega il significato di quello che voleva trasmettere.

Dopodiché accogliendo la richiesta di aiuto, concorda con il gruppo di mettere a disposizione la propria esperienza per far fare al team un passo in avanti verso l'obiettivo da raggiungere.

Il gruppo fa un sospiro di sollievo, altri partecipanti prendono il coraggio di esprimere con trasparenza il proprio pensiero e da quel momento l'energia del team cambia, la produttività mette il turbo e in men che non si dica si arriva a chiudere il meeting con tutte le fasi di lavoro completate e l’obiettivo raggiunto.

Questo recentissimo episodio – a cui ho avuto l’opportunità di assistere in qualità di team coach – mi offre la possibilità di condividere alcune riflessioni sulla gentilezza, focus dello scambio a cui ho assistito.

La gentilezza è un tema che ha già destato attenzione tanto da essere oggetto di numerose ricerche e pubblicazioni, per alcuni additata come l’ennesima moda del momento.

Il perché sia un argomento che sta riscuotendo interesse, anche nel mondo organizzativo di oggi, è da ricercare negli effetti lasciati in eredità da quanto vissuto negli ultimi anni.

Qualche spunto lo si può trovare anche nella pubblicazione Accenture Fjord Trends 2022 che racconta come il nuovo tessuto della vita nell’era post-traumatica si sta manifestando a tutti i livelli sotto forma di:

  • relazioni più profonde
  • apertura a nuove possibilità
  • un maggior senso di forza personale
  • un più forte senso di spiritualità
  • un apprezzamento più profondo per la vita

Le persone stanno riesaminando ciò che sono e quello che conta per loro e – in molti casi – scoprono di volersi mostrare per come sono.

Si sente il bisogno di ambienti lavorativi più umani. I confini tra vita professionale e privata sono sempre più sfumati e l’ammissione di non sentirsi bene non è più un segno di debolezza sul lavoro.

Colpisce in particolar modo il ruolo ancora più attivo che le organizzazioni saranno chiamate ad avere nella cura del benessere delle persone che le abitano, della necessità di tornare a cooperare e sviluppare fiducia superando isolamento e individualismo.

L’episodio citato in apertura è una prova concreta di quanto emerge da queste recenti ricerche e possiamo anche farne diretta esperienza cercando nella nostra giornata situazioni ed episodi costellati di atti gentili e respirarne la nutriente fragranza.

Oppure ritrovarci osservatori o protagonisti di situazioni laddove un pizzico di questo ingrediente avrebbe potuto generare una diversa e più proficua energia per le persone coinvolte.

Se partiamo dal presupposto che la gentilezza è una qualità innata il cui seme giace nell’uomo come possibilità di espressione della propria anima attraverso la bellezza e tutto ciò che ad essa è connesso (e al contempo virtù utile a rapportarsi con gli altri e a vivere in una società), diventa relativamente semplice – senza scartabellare tra le molte ricerche – comprendere la portata che può avere mettere in campo questa qualità.

La gentilezza ha a che fare con la nostra responsabilità sociale.

Che ruolo può avere il coaching in tutto questo?
Cosa possiamo fare noi coach per favorire la cultura della gentilezza anche nel mondo organizzativo?

Il tema è ampio e meriterebbe confronto. Potrebbe essere interessante, se desideri approfondire il tema, considerare le numerose inziative presentate all’interno della ICF Coaching Week: sarà un’ottima occasione per esplorare, apprendere e confrontarsi su questo tema.

Pensare a questo tema mi ha fatto venire in mente un approccio che molti di noi conoscono e che anch'io mi trovo a utilizzare talvolta con i miei partner: si tratta del modello delle qualità autentiche (Daniel Ofman, 2001).

Esso invita a considerare che il modo in cui siamo sintonizzati con le nostre qualità ha un diretto effetto sulle possibilità e modalità nel metterle in campo. Quando siamo collegati con le nostre qualità chiave ci sentiamo ispirati e riusciamo ad avere un effetto positivo sulla nostra vita e nel nostro lavoro.

Ogni qualità autentica ha anche degli aspetti limitanti che emergono quando c’è un sovrasviluppo della stessa: gli eccessi che ci conducono a un utilizzo poco consapevole della qualità, così da trasformarsi in una vera e propria trappola comportamentale che spesso si attiva per permetterci di difenderci o reagire alle situazioni.

Sappiamo che spesso la trasformazione che i nostri partner ci chiedono avviene quando cambia la percezione, permettendo anche un nuovo e diverso modo di relazionarsi con le situazioni, i problemi, le sfide e gli obiettivi che portano nel loro percorso di sviluppo.

È con gentilezza che li supportiamo a riconoscere le loro qualità chiave.

È con gentilezza che li sfidiamo ad osservare le loro ombre.

È con gentilezza che li aiutiamo ad abbracciare anche gli aspetti più scomodi.

È con gentilezza che diamo loro il benvenuto e li accogliamo così come sono

È con gentilezza che li incoraggiamo a dire sì alle loro sfide.

È con gentilezza che li invitiamo a prendersi la responsabilità del loro sviluppo.

È con gentilezza che ci impegniamo a creare uno spazio intimo e di fiducia per il suo  sviluppo.

Così creare cultura della gentilezza inizia con l'atto del donarla e permettere all'altro di riceverla, di sentirla, di coglierne i benefici così da sentirsi gentilmente trasportato ad alimentarla.

«Ovunque ci sia un essere umano, vi è possibilità di gentilezza» (Seneca)

 

A cura di Mascia Alberti, PCC

Volontaria Area Comunicazione 2022

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