04 Set Fiducia e Partecipazione: quale legame?
Se penso al concetto di Partecipazione all’interno di una sessione o, meglio ancora, di un intero percorso di coaching, immediatamente mi viene da associare l’idea della Co-Costruzione: di una danza, di uno scambio, di un cambiamento, di una narrazione, e molto altro.
Quale ingrediente imprescindibile rende possibile tutto questo, sin dai primi scambi conoscitivi e della stipula del coaching contract? La Fiducia!
Ma che cos’è la fiducia?
Sbirciando sul dizionario, sembra che sia qualcosa che non si riesce a definire se non ripetendo la parola stessa (o un suo sinonimo es. confidare), ma tutti dentro di noi sappiamo cosa sia, la sentiamo quando c’è. Come mai? Perché prima di tutto è un’emozione.
In un’ottica di comprendere le emozioni, la Fiducia porta con sé un messaggio di accoglienza e apertura, porta a riflettere su cosa o chi accolgo / voglio accogliere, su chi/cosa sento di voler fare affidamento. Mi porta ad avvicinarmi all’altro. In questo senso, è un’emozione fortemente relazionale, per riceverla devo anche darla, si sviluppa in maniera bidirezionale. Non solo, è importante che la proviamo anche verso noi stessi, in un’atto di autoempatia in qualche modo propedeutico a fare la stessa cosa poi verso l’esterno.
La Fiducia ha, quindi, una forte valenza sociale: senza fiducia non può esserci piena relazione. È il cemento della nostra interdipendenza, tanto che il sociologo Simmel sosteneva che la società stessa non esisterebbe senza la Fiducia, ma addirittura si disintegrerebbe dal momento che le persone sarebbero assalite dalla Paura nel compiere qualsiasi azione.
Però, c’è di più. È anche situazionale, può, infatti, essere legata al contesto. Quindi la domanda è: di chi mi fido? E rispetto a cosa? Quali sono i pattern o i miei pregiudizi sulla Fiducia, magari ereditati socialmente? Dove tendo a porre il locus of control rispetto alla Fiducia? Esercito l’ottimismo su cosa posso fare io per alimentare il ciclo della fiducia oppure mi aspetto sempre che sia l’altro a fare il primo passo verso di me?
Da tutte queste premesse, ne deriva che la Fiducia non è mai acquisita una volta per tutte, quindi è un driver relazionale da presidiare con costanza. Possiamo identificare almeno 3 pilastri su cui si fonda:
- la cura: qui le competenze socio emotive reciprocamente in gioco sono il far crescere l’empatia (sospensione del giudizio e il riconoscimento dell’altro) e il navigare le emozioni, per abbassare il volume della paura, che è un pò l’altra faccia della medaglia della Fiducia (specie se alimentata da preconcetti o convinzioni limitanti);
- la coerenza: tra il dichiarato e il perseguito, tra il purpose esplicitato nell’accordo e i comportamenti successivi;
- la trasparenza: intesa come autenticità nel sentire e nel manifestare, per raggiungere il migliore allineamento tra pensiero, emozione e azione.
Questi pilastri ci danno la possibilità di costruire un ambiente safe, in cui il coachee si possa aprire alla vulnerabilità, esplorandosi senza timori, e il coach possa pienamente partecipare alla evoluzione del suo cliente.
A cura di:
Ilaria Iseppato