Partecipare a qualcosa di grande

Partecipare a qualcosa di grande

Ogni coach professionista ha certamente vissuto la magica sensazione di partecipare a qualcosa di grande, di impattante e potenziante per il proprio cliente.

Ed è proprio questo momento, almeno nel mio caso, il motivo primo che mi spinge ad andare avanti nella professione di coach: il mio “Perché”.

Con il coaching supportiamo l’individuo anche nella ricerca del proprio Scopo, delle risposte a domande come “per chi o per cosa lo fai?” oppure “in cosa credi?” o ancora “per cosa esisti e per cosa ti alzi tutte le mattine?”.

C’è da chiedersi quanto valore possa avere la questione per ogni singola persona. Inestimabile! Rispondo e ad esempio può fare la differenza tra felicità e realizzazione.

La felicità normalmente passa per il concetto dell’avere, è legata quindi in un modo o nell’altro all’ottenimento di qualcosa: una promozione, una vacanza, un aumento, una nuova macchina, una nuova casa, una nuova relazione, un bel voto, una laurea, etc…

La realizzazione invece è legata maggiormente al concetto del perché, dello scopo. Va più in profondità esplorando aspetti legati ai valori guida e al significato.

Può succedere a volte di non provare soddisfazione pur avendo raggiunto un obiettivo o di sentire la necessità di voler cambiare di frequente una data situazione professionale, sentimentale o ambientale.

È proprio in queste situazioni che approfondire il tema “realizzazione” potrebbe fare davvero la differenza.

Come coach possiamo accompagnare il cliente in questa ricerca di significato ed essere testimoni appunto di qualcosa di grande.

Identificare il proprio scopo nella vita e che tipo di persona si vuole essere si posiziona ai livelli logici e neurologici più alti identificati da Robert Dilts nella sua piramide, livelli che sono gerarchici e come tali impattano a cascata inevitabilmente su tutti i livelli sottostanti e cioè: valori/convinzioni, capacità, comportamenti e ambiente.

Per avviare quindi capacità e comportamenti diversi, più funzionali al raggiungimento di un obiettivo, in maniera duratura ed efficace, lavorare sulla propria identità e scopo si rivela decisivo.

 

E il richiamo ai livelli di Dilts, in parte e in maniera più concentrata a mio parere, li riprende anche Simon Sinek, autore del libro “Trova il tuo perché”, quando parla di Golden Circle.

 

Sinek ci spiega, in un contesto più “business”, quanto sia più efficace e ingaggiante partire dal “perché” di un prodotto o di un servizio per poi passare al “come” e al “cosa” e non l’opposto; diversi sono gli esempi di successo di questo criterio, primo fra tutti Apple con il suo “Think Different”.

Quindi ancora una volta è il “Perché” ad impattare profondamente su tutto il resto, senza uno scopo definito, chiaro e consapevole diventa più difficile mantenere alta la motivazione nei momenti di difficoltà.

Esplorare e identificare il proprio scopo può essere complesso e può richiedere tempo, un’esplorazione profonda e impegnativa a livello energetico, così come la definizione dei propri valori guida ai quali magari non avevamo mai guardato.

Il disallineamento con un valore primario che viene violato o non vissuto può causare ad esempio quell’inspiegabile insoddisfazione che ci accompagna anche quando pensavamo non ci sarebbe stata.

Il coaching può essere di supporto nell’individuazione di uno scopo sia in ambito life che in ambito business. Si pensi a quanti brand stanno focalizzando la loro attenzione sulla definizione di una chiara mission e vision aziendale, presenti sempre più spesso nelle brochure aziendali, nei siti web o nelle pagine social, oppure al codice etico e ai valori ai quali viene richiesto di aderire.

Uno dei compiti di un business coach potrebbe proprio essere quello di comprendere e risolvere disallineamenti in ambito valoriale e di mission all’interno di un team.

La potenza del “Perché” può scorrere come una cascata dalla vetta alla valle di una montagna.

Buona ricerca!

A cura di:
Francesca Di Gioia