27 Feb Di inclusività e moltitudini nel coaching
“Mi contraddico? Certo che mi contraddico! Sono grande, contengo moltitudini.”
Questa citazione di Walt Whitman mi ha sempre affascinata e, non lo nego, confortata a più riprese, quando, riflettendo su me stessa, intercettavo dimensioni – apparentemente o meno – stridenti tra loro.
Il tema delle contraddizioni è caro a noi coach e può emergere in tanti momenti di una sessione: in apertura, nel tentativo di definire un obiettivo non ancora del tutto a fuoco; in itinere, nell’esplorazione delle opportunità e dei punti di attenzione, quando le strade scelte sembrano portare ad altre destinazioni; in chiusura, quando il piano di azione può arrivare a svelare che, dopotutto, l’obiettivo non era esattamente quello dichiarato oppure si rivela meno importante o urgente rispetto ad un nuovo, inaspettato insight.
Per il coach, mantenere la presenza durante l’intero processo non ha il solo scopo di restituire cosa percepisce come contraddizione attraverso dei feedback, ma ancora di più garantire quello spazio esplorativo connotato da curiosità e non giudizio che permetta al coachee di vedersi, riconoscersi e accettarsi in tutte le proprie moltitudini.
In questo senso, quella che E.H. Schein definisce come l’umile ricerca di informazioni sia esattamente l’arte di fare domande con approccio inclusivo, spogliati della presunzione di voler confutare la coerenza di quanto il cliente sta dichiarando, bensì aperti alla possibile scoperta che l’“o” può essere sostituito da “e”, nelle sue mille sfumature.
Se curiosità e apertura sono, senza dubbio, emozioni utili alla relazione con il cliente che il coach porta in sessione, allo stesso modo l’attenzione al mondo emozionale del cliente è indispensabile per fare luce su queste moltitudini: cosa sta provando? Riesce a dare un nome a quella prima, forse più irruente emozione? E poi che altro ancora sta provando? E che altro?
Quanto raramente abbiamo provato una sola emozione alla volta? Quante emozioni di diverso colore possono coesistere sullo stesso tema, portandoci messaggi anche molto diversi tra loro, ma non per questo meno veri? Quante contraddizioni emotive possono abitare in noi, e cosa ci raccontano?
Abbracciarle tutte, non combatterle o rinnegarle, è il primo passo per aprirci a nuove consapevolezze e per vedere ciò che è con maggiore accuratezza. Empatizzare verso noi stessi ed essere accoglienti a partire proprio dalle nostre vulnerabilità, il passo successivo per prendersi cura di sé e riconoscere, così facendo, cosa è meglio per noi.
Forse, la forza rivoluzionaria e inclusiva del coaching sta anche nel cambio di paradigma dall’“o”, che ti obbliga a fare una scelta che potrebbe essere prematura o riduttiva, verso l’“e” che apre ad infinite combinazioni, alla possibilità di essere un pò di più di ciò che credevamo, di poter tentare qualcosa di più o di diverso rispetto a quanto non ci aspettassimo, all’opportunità di pensare ad orizzonti ancora più allargati.
Pensando alla tua esperienza, qual è stata la contraddizione che ha generato maggiore resistenza, stupore o magia?
A cura di:
Ilaria Iseppato, PCC