Gestire la comunicazione: le 3 posizioni percettive

Gestire la comunicazione: le 3 posizioni percettive

È 6… no è 9!

È 6… no ti dico che è 9!

È 6… no è 9!!!

Hai presente gli omini nella foto qui sopra?

Ecco, noi molto spesso facciamo proprio come loro 🙂

Quando comunichiamo con una persona, ci creiamo un’immagine della realtà molto soggettiva. Osserviamo quello che ci circonda attraverso i nostri filtri personali: le esperienze pregresse, l’educazione ricevuta, il contesto sociale a cui apparteniamo, i nostri valori e il nostro credo … tutto questo ci suggerisce il modo in cui interpretiamo i fatti, in cui diamo loro un significato e le azioni che scegliamo di compiere.

Citando Watzlawick: “Il flusso comunicativo è espresso secondo la “punteggiatura” degli eventi”. Cosa significa?

La comunicazione comprende diverse versioni della realtà, che si creano durante l’interazione tra più individui e la influenzano continuamente.

Il rischio in uno scambio comunicativo è osservare la situazione esclusivamente dal proprio punto di vista, usando cioè la propria “punteggiatura”, senza riuscire a cogliere quella dell’altro.

Mettersi nei panni dell’altro passa attraverso la capacità di spostare il proprio punto di vista in posizioni diverse.

Nelle sessioni di coaching il coach facilita il cliente a muoversi dalla propria posizione alle altre, in modo tale da sviluppare maggiore consapevolezza sulla realtà che lo circonda, tecnicamente si parla di 3 posizioni percettive.

La prima posizione: se stessi

Ci troviamo in questa posizione quando osserviamo ciò che ci circonda attraverso le nostre mappe cognitive, ossia i nostri occhiali.

Per stimolare la riflessione il coach in sessione potrebbe chiedere: “Cosa ne pensi tu della situazione?” o ancora “Dal tuo punto di vista cosa è successo?”.

La seconda posizione: l’altro

In questa posizione ci sforziamo di comprendere il punto di vista del nostro interlocutore. Il coach in questo caso potrebbe chiedere: “Cosa pensa/vede/prova il tuo interlocutore secondo te?”.

Mettersi in questa posizione richiede creatività e una buona dose di empatia.

La terza posizione: l’osservatore esterno

In questa posizione si cerca un punto di vista terzo, ossia una posizione al di fuori della conversazione che sta avvenendo.

Il coach potrebbe chiedere: “Cosa penserebbe un tuo amico di questa situazione?” o ancora “Se ci fosse una webcam nella stanza, cosa filmerebbe?”.

Sono necessari distacco, oggettività e lucidità per fare questo tipo di analisi.

Muoversi tra le tre posizioni (attitudine sicuramente allenabile – non cerchiamo scuse) rende completa la lettura delle situazioni che si vivono e rende gli scambi comunicativi più efficaci, costruttivi, cordiali e … di buon senso.

Allora cosa ne dici, è 6 o 9?!

A cura di:
Francesca Di Falco